Il castello di Sassoforte
Pagina 1 di 1
Il castello di Sassoforte
Profilo Storico del Castello di Sassoforte
In un documento del 966 riportato da G. Ciacci in Gli Aldobrandeschi nella
storia e nella Divina Commedia del 1934, viene riferito a Sassoforte un non
meglio identificato "Saxum":
"A. 966 giugno 29. Ind. IX (a. V di Ottone imp.).
Sigifrido del fu Gosberto, del contado di Volterra, prende a livello da
Ildebrando, figlio del conte Gherardo, metà del possesso detto Bossina, e due
terzi delle case e casalini posti in Sassi ed in Pari per il canone di 12 denari
d'argento, "in domnicato Siticciano solvendis" nel mese di giugno.
In Siticciano. - Giov. not."
Sassoforte è nominato con certezza solo nel 1076, mentre per gli anni precedenti
è difficile azzardare qualcosa di più che semplici ipotesi. E' molto probabile
che nell'alto Medioevo Sassoforte non abbia avuto molti abitanti, infatti in
questa zona si tendeva ad abitare in pianura, spesso continuando a risiedere
negli stessi luoghi degli insediamenti romani.
Comunque dal documento del 1076, Sassoforte risulta avere già una consistenza,
in quanto viene ricordato con la qualifica di "castello".
F. Schneider in Regestum Senenses, 1911, riporta per intero il documento (Siena
ASt. (Riform.) Cop. s. XII).
Mentre G. Ciacci riporta:
"A. 1076 settembre. Ind. XIV.
Il conte Ildebrando e Iulitta sua moglie, per rimedio dei loro peccati donano
alla chiesa di s. Genziano di Montemassi, gli oratori di s. Margherita e di s.
Lucia co molti beni, poderi e chiese annessi, ivi descritti, obbligandosi a
rispettare la donazione sotto pena di lib. 100 d'oro. - Ugo not."
Anche E. Repetti nel Dizionario storico della Toscana, 1833-43, ricorda il
documento cambiando però il nome di S. Lucia in S. Luca.
Negli anni mille il castello probabilmente è sotto il dominio degli
Aldobrandeschi, ma possiamo averne una conferma certa solo nel 1216 quando
compare nella già citata spartizione della Maremma fatta quell'anno, fra i
quattro rami di questa famiglia. Come dimostra un documento "l'imperatore
Federico, il quale desideroso di unire tutte le forze toscane a lui favorevoli,
il 2 maggio 1221, conferma ai conti il dominio e i diritti sui loro vassalli. I
vassalli menzionati nell'istrumento sono: i conti Panoglia e Mangiante, Ugone di
Valcortese, Uguccione di Sassoforte, ecc.". Quindi, pur dipendendo formalmente
da questi potenti feudatari, i Conti di Sassoforte hanno sempre goduto nel XIII
e XIV secolo di una forte autonomia. Infatti mentre gli Aldobrandeschi
combattevano disperatamente contro l'esercito imperiale che era disceso in
Maremma, "un Uguccione da Sassoforte, che seguiva al campo l'Imperatore, da lui
nel febbraio del 1231 fu inviato da Orìa <> in Toscana ed in
Romagna e raccomandato ai Ghibellini perchè gli fosse prestato aiuto e favore".
Comunque anche in seguito i Signori di Sassoforte, desiderosi di accrescere la
propria potenza, condussero una politica ambigua e spregiudicata.
Siena nel 1254, a causa dell'accresciuto potere guelfo, fu costretta a
restituire con la pace di Stomennano tutte le terre che aveva sottratto agli
Aldobrandeschi e, con esse, Sassoforte. Il 29 luglio 1254 i Signori di questo
Castello insieme a quelli di Sticciano facevano atto di sottomissione a Siena e
avviarono lunghe e faticose trattative con Essa per intraprendere una guerra
contro Umberto Aldobrandeschi.
I conti di Sassoforte pur senza l'appoggio senese non abbandonarono il proprio
disegno di potenza, anzi il 28 settembre 1255 trassero dalla loro parte anche
gli abitanti di Roccatederighi facendosi intermediari per il loro passaggio
dalla parte senese. Le continue belligeranze portarono alla cattura di Uguccione
da Sassoforte custodito prima nella fortezza di Montemassi, poi in quella di
Roccastrada. Siena si adoperò molto per la sua liberazione ma non la ottenne
almeno fino al 1256. Essa non perse però l'occasione per legare a sé la sorti di
Sassoforte inviandovi suoi rappresentanti. Da questo momento è difficile capire
quali fossero i suoi rapporti con Siena ma è probabile che il "Castello e il suo
territorio rimanessero comunque in una posizione di forte autonomia", come
afferma il Cammarosano. Troviamo i nobili di Sassoforte a combattere assieme ai
conti di Santafiora durante la conquista di Piancastagnaio nel 1274, anno della
già citata divisione della Contea aldobrandesca con la quale Bertoldo di
Sassoforte divenne Vicario del Conte di Santafiora, che partito alla conquista
di Scarlino subisce una sconfitta da parte dei Pannocchieschi. Gli scontri
armati dei Signori di Sassoforte con i loro vicini proseguirono tanto da rendere
necessario un intervento di Siena, che organizzò nel 1288 a Montelattaia un
incontro tra le parti avverse affinchè tornasse l'ordine.
Quest'incontro non fornì i risultati sperati. Infatti i Signori di Sassoforte
uccisero, tra gli altri Fredo da Roccatederighi e occuparono questo Castello. In
seguito, favoriti dalla guerra fra Siena e i Pannocchieschi, effettuarono
numerose razzie di bestiame a Torniella e a Roccatederighi. Questa loro irruenza
preoccupò anche Siena che, approfittando della protesta degli abitanti di
Roccatederighi, intervenne militarmente per ricondurre all'ordine i Conti di
Sassoforte.
Quelli di Sassoforte non accettarono limitazioni alla propria espansione e
"dette loro nuove speranze la discesa di Arrigo VII, che dopo varie vicende non
troppo favorevoli alle armi imperiali, entrò nello Stato senese, e tosto quasi
tutti i nobili del contado si ribellarono,......In tutto questo tumultuare di
signorotti certamente quelli di Sassoforte non avrebbero voluto essere
dimenticati: incoraggiati dall'essersi Prata data a loro, andarono ad Asinalunga
ove erano convocati dai Cacciaconti i ghibellini dell'Aretino. Ben tosto giunse
la gente del Re Roberto, guidata da Guglielmo Scalieri di Catalogna e sconfisse
gli imperiali a Casole, fatto d'armi ove restarono morti settanta cavalieri di
famiglie nobili, ed Asinalunga dovè arrendersi.".
"I nobili di Sassoforte, veduto che l'aiuto dei ghibellini cominciava a mancare,
si decisero, Longarello e Ghinozzo figli di Pepone, di nominare, come fecero il
27 maggio 1316, Guglielmo ed Andrea di Salomone Piccolomini, Cino di Ghino ed
Arrigo di Bartolommeo Saracini loro procuratori con l'incarico di presentarsi
alla repubblica ad offrire la loro sottomissione che non poteva riescire diversa
dalle altre nel costume dei nobili di contado; umili nel pericolo, pronti ad
armarsi contro il Comune alla prima occasione.
Questi procuratori il 9 di giugno si presentarono al sindaco del Comune di Siena
ed al giudice del capitano di guerra e stabilirono le seguenti condizioni di
pace:
1.° Assoluzione da tutti i bandi.
2.° Soppressione del divieto di contrarre matrimoni con famiglie nobili o
cittadine senesi.
3.° Facoltà di tornare nelle loro ville e poderi, purchè non vi fabbricassero
fortificazioni, astenendosi però dal dimorare in Sassoforte.
4.° Piena libertà di combattere contro i conti Aldobrandeschi finchè non fossero
terminate le loro vertenze con i signori della Roccatederighi.
Ghinozzo di Pepone aveva due figli conosciuti nella storia di questa famiglia,
Pepone e Salomone; quest'ultimo vestì le lane di S. Domenico e rinunziò a favore
del padre e del fratello ogni suo diritto sopra i feudi di Sassoforte, Scansano,
Petreto e Ginestreto; l'atto fu stipulato nel castello di Castiglioni de' Ladri.
Ghinozzo profittando del riserbo del trattato di pace con i senesi fece continua
guerra agli Aldobrandeschi, ora fra i vincitori, ora fra i soccombenti, ma
mantenne la reputazione di essere uno dei più arditi e valorosi cavalieri dei
suoi tempi."
Nell'anno 1330 gli Aldobrandeschi, come altri signori locali, cedettero a Siena
i propri diritti su alcuni dei loro castelli tra i quali figura anche quello di
Sassoforte che il 27 febbraio fu venduto per la notevole cifra di 5500 fiorini
d'oro alla Repubblica.
L'imponenza e la posizione di Sassoforte costituivano di per se stesse un
potenziale pericolo per Siena che "ordinò fossero distrutte le mura e il
cassero, e deputò il 30 marzo seguente Giotto di Buondone, Mino di Buonaventura,
e Francesco di Tura notaro di determinare i limiti della sua corte.
Sebbene distrutte le fortificazioni, continuarono a dimorarvi diversi abitanti
ai quali fu permesso di ritenere le terre in enfiteusi per un annuo canone di
seicento lire, offerta che il generale consiglio aveva accettata il 27 settembre
1339."
Sembra che da quel momento Sassoforte perdesse, assieme alla potenza militare,
anche la floridezza economica. I suoi abitanti divennero sempre più poveri come
testimoniano documenti del 1342, 1363-1366, 1369-1371, 1374, 1382, 1386, 1391 in
alcuni dei quali vari personaggi chiedono alla città di Siena di poter "guardare
e salvare" il cassero di Sassoforte per un periodo stabilito in cambio di un
preciso salario.
Certamente gravissime furono le conseguenze della Peste nera che colpì l'Europa
nel 1348; da un documento sappiamo che, mentre negli anni precedenti il contagio
Sassoforte ospitava 160 uomini con le loro famiglie, nel 1353 la popolazione
sarebbe stata ridotta a 50 persone in tutto.
Secondo il Repetti e il Bargellini le ultime notizie di questo castello sono
dell'anno 1357 quando Giovanni e Mino, figli del fu Francesco Conti domandarono
al consiglio del popolo di Siena la fortezza di Sassoforte.
L. Grottanelli riporta a testimonianza dello stato sempre più miserabile del
caseggiato la deliberazione del 1° febbraio 1369 con la quale il canone di
seicento lire stabilito nel 1339 viene ridotto alla metà.
Non ebbe successo neanche il tentativo dei Salimbeni di trasformare Sassoforte
in un punto di appoggio per affermare il potere della loro famiglia. Se ne
impossessarono nel 1368 ma furono costretti, nel 1404 a restituirlo a Siena
insieme agli altri castelli.
Gli abitanti di Sassoforte ridotti in miseria, nel 1374 chiedono di essere
sussidiati ottenendo infatti una riduzione di dodici fiorini a moggio per
quattro anni sul prezzo del grano, nonchè il sale da Grosseto a venti soldi lo
staio.
Nel maggio 1438 il Castello veniva incorporato assieme a Sassofortino nel
contado senese, come scrive il Verdiani-Bandi (1926), dopo essere stato cassato
dall'elenco dei comunelli separati nel marzo dello stesso anno. Gli ultimi
documenti che ci potrebbero far ritenere abitato Sassoforte sono un elenco delle
tasse risalente al 1444 e una richiesta di permesso di pascolo da parte degli
uomini di Roccastrada nella corte di tale Castello dell'anno 1465.
In un documento del 966 riportato da G. Ciacci in Gli Aldobrandeschi nella
storia e nella Divina Commedia del 1934, viene riferito a Sassoforte un non
meglio identificato "Saxum":
"A. 966 giugno 29. Ind. IX (a. V di Ottone imp.).
Sigifrido del fu Gosberto, del contado di Volterra, prende a livello da
Ildebrando, figlio del conte Gherardo, metà del possesso detto Bossina, e due
terzi delle case e casalini posti in Sassi ed in Pari per il canone di 12 denari
d'argento, "in domnicato Siticciano solvendis" nel mese di giugno.
In Siticciano. - Giov. not."
Sassoforte è nominato con certezza solo nel 1076, mentre per gli anni precedenti
è difficile azzardare qualcosa di più che semplici ipotesi. E' molto probabile
che nell'alto Medioevo Sassoforte non abbia avuto molti abitanti, infatti in
questa zona si tendeva ad abitare in pianura, spesso continuando a risiedere
negli stessi luoghi degli insediamenti romani.
Comunque dal documento del 1076, Sassoforte risulta avere già una consistenza,
in quanto viene ricordato con la qualifica di "castello".
F. Schneider in Regestum Senenses, 1911, riporta per intero il documento (Siena
ASt. (Riform.) Cop. s. XII).
Mentre G. Ciacci riporta:
"A. 1076 settembre. Ind. XIV.
Il conte Ildebrando e Iulitta sua moglie, per rimedio dei loro peccati donano
alla chiesa di s. Genziano di Montemassi, gli oratori di s. Margherita e di s.
Lucia co molti beni, poderi e chiese annessi, ivi descritti, obbligandosi a
rispettare la donazione sotto pena di lib. 100 d'oro. - Ugo not."
Anche E. Repetti nel Dizionario storico della Toscana, 1833-43, ricorda il
documento cambiando però il nome di S. Lucia in S. Luca.
Negli anni mille il castello probabilmente è sotto il dominio degli
Aldobrandeschi, ma possiamo averne una conferma certa solo nel 1216 quando
compare nella già citata spartizione della Maremma fatta quell'anno, fra i
quattro rami di questa famiglia. Come dimostra un documento "l'imperatore
Federico, il quale desideroso di unire tutte le forze toscane a lui favorevoli,
il 2 maggio 1221, conferma ai conti il dominio e i diritti sui loro vassalli. I
vassalli menzionati nell'istrumento sono: i conti Panoglia e Mangiante, Ugone di
Valcortese, Uguccione di Sassoforte, ecc.". Quindi, pur dipendendo formalmente
da questi potenti feudatari, i Conti di Sassoforte hanno sempre goduto nel XIII
e XIV secolo di una forte autonomia. Infatti mentre gli Aldobrandeschi
combattevano disperatamente contro l'esercito imperiale che era disceso in
Maremma, "un Uguccione da Sassoforte, che seguiva al campo l'Imperatore, da lui
nel febbraio del 1231 fu inviato da Orìa <
Romagna e raccomandato ai Ghibellini perchè gli fosse prestato aiuto e favore".
Comunque anche in seguito i Signori di Sassoforte, desiderosi di accrescere la
propria potenza, condussero una politica ambigua e spregiudicata.
Siena nel 1254, a causa dell'accresciuto potere guelfo, fu costretta a
restituire con la pace di Stomennano tutte le terre che aveva sottratto agli
Aldobrandeschi e, con esse, Sassoforte. Il 29 luglio 1254 i Signori di questo
Castello insieme a quelli di Sticciano facevano atto di sottomissione a Siena e
avviarono lunghe e faticose trattative con Essa per intraprendere una guerra
contro Umberto Aldobrandeschi.
I conti di Sassoforte pur senza l'appoggio senese non abbandonarono il proprio
disegno di potenza, anzi il 28 settembre 1255 trassero dalla loro parte anche
gli abitanti di Roccatederighi facendosi intermediari per il loro passaggio
dalla parte senese. Le continue belligeranze portarono alla cattura di Uguccione
da Sassoforte custodito prima nella fortezza di Montemassi, poi in quella di
Roccastrada. Siena si adoperò molto per la sua liberazione ma non la ottenne
almeno fino al 1256. Essa non perse però l'occasione per legare a sé la sorti di
Sassoforte inviandovi suoi rappresentanti. Da questo momento è difficile capire
quali fossero i suoi rapporti con Siena ma è probabile che il "Castello e il suo
territorio rimanessero comunque in una posizione di forte autonomia", come
afferma il Cammarosano. Troviamo i nobili di Sassoforte a combattere assieme ai
conti di Santafiora durante la conquista di Piancastagnaio nel 1274, anno della
già citata divisione della Contea aldobrandesca con la quale Bertoldo di
Sassoforte divenne Vicario del Conte di Santafiora, che partito alla conquista
di Scarlino subisce una sconfitta da parte dei Pannocchieschi. Gli scontri
armati dei Signori di Sassoforte con i loro vicini proseguirono tanto da rendere
necessario un intervento di Siena, che organizzò nel 1288 a Montelattaia un
incontro tra le parti avverse affinchè tornasse l'ordine.
Quest'incontro non fornì i risultati sperati. Infatti i Signori di Sassoforte
uccisero, tra gli altri Fredo da Roccatederighi e occuparono questo Castello. In
seguito, favoriti dalla guerra fra Siena e i Pannocchieschi, effettuarono
numerose razzie di bestiame a Torniella e a Roccatederighi. Questa loro irruenza
preoccupò anche Siena che, approfittando della protesta degli abitanti di
Roccatederighi, intervenne militarmente per ricondurre all'ordine i Conti di
Sassoforte.
Quelli di Sassoforte non accettarono limitazioni alla propria espansione e
"dette loro nuove speranze la discesa di Arrigo VII, che dopo varie vicende non
troppo favorevoli alle armi imperiali, entrò nello Stato senese, e tosto quasi
tutti i nobili del contado si ribellarono,......In tutto questo tumultuare di
signorotti certamente quelli di Sassoforte non avrebbero voluto essere
dimenticati: incoraggiati dall'essersi Prata data a loro, andarono ad Asinalunga
ove erano convocati dai Cacciaconti i ghibellini dell'Aretino. Ben tosto giunse
la gente del Re Roberto, guidata da Guglielmo Scalieri di Catalogna e sconfisse
gli imperiali a Casole, fatto d'armi ove restarono morti settanta cavalieri di
famiglie nobili, ed Asinalunga dovè arrendersi.".
"I nobili di Sassoforte, veduto che l'aiuto dei ghibellini cominciava a mancare,
si decisero, Longarello e Ghinozzo figli di Pepone, di nominare, come fecero il
27 maggio 1316, Guglielmo ed Andrea di Salomone Piccolomini, Cino di Ghino ed
Arrigo di Bartolommeo Saracini loro procuratori con l'incarico di presentarsi
alla repubblica ad offrire la loro sottomissione che non poteva riescire diversa
dalle altre nel costume dei nobili di contado; umili nel pericolo, pronti ad
armarsi contro il Comune alla prima occasione.
Questi procuratori il 9 di giugno si presentarono al sindaco del Comune di Siena
ed al giudice del capitano di guerra e stabilirono le seguenti condizioni di
pace:
1.° Assoluzione da tutti i bandi.
2.° Soppressione del divieto di contrarre matrimoni con famiglie nobili o
cittadine senesi.
3.° Facoltà di tornare nelle loro ville e poderi, purchè non vi fabbricassero
fortificazioni, astenendosi però dal dimorare in Sassoforte.
4.° Piena libertà di combattere contro i conti Aldobrandeschi finchè non fossero
terminate le loro vertenze con i signori della Roccatederighi.
Ghinozzo di Pepone aveva due figli conosciuti nella storia di questa famiglia,
Pepone e Salomone; quest'ultimo vestì le lane di S. Domenico e rinunziò a favore
del padre e del fratello ogni suo diritto sopra i feudi di Sassoforte, Scansano,
Petreto e Ginestreto; l'atto fu stipulato nel castello di Castiglioni de' Ladri.
Ghinozzo profittando del riserbo del trattato di pace con i senesi fece continua
guerra agli Aldobrandeschi, ora fra i vincitori, ora fra i soccombenti, ma
mantenne la reputazione di essere uno dei più arditi e valorosi cavalieri dei
suoi tempi."
Nell'anno 1330 gli Aldobrandeschi, come altri signori locali, cedettero a Siena
i propri diritti su alcuni dei loro castelli tra i quali figura anche quello di
Sassoforte che il 27 febbraio fu venduto per la notevole cifra di 5500 fiorini
d'oro alla Repubblica.
L'imponenza e la posizione di Sassoforte costituivano di per se stesse un
potenziale pericolo per Siena che "ordinò fossero distrutte le mura e il
cassero, e deputò il 30 marzo seguente Giotto di Buondone, Mino di Buonaventura,
e Francesco di Tura notaro di determinare i limiti della sua corte.
Sebbene distrutte le fortificazioni, continuarono a dimorarvi diversi abitanti
ai quali fu permesso di ritenere le terre in enfiteusi per un annuo canone di
seicento lire, offerta che il generale consiglio aveva accettata il 27 settembre
1339."
Sembra che da quel momento Sassoforte perdesse, assieme alla potenza militare,
anche la floridezza economica. I suoi abitanti divennero sempre più poveri come
testimoniano documenti del 1342, 1363-1366, 1369-1371, 1374, 1382, 1386, 1391 in
alcuni dei quali vari personaggi chiedono alla città di Siena di poter "guardare
e salvare" il cassero di Sassoforte per un periodo stabilito in cambio di un
preciso salario.
Certamente gravissime furono le conseguenze della Peste nera che colpì l'Europa
nel 1348; da un documento sappiamo che, mentre negli anni precedenti il contagio
Sassoforte ospitava 160 uomini con le loro famiglie, nel 1353 la popolazione
sarebbe stata ridotta a 50 persone in tutto.
Secondo il Repetti e il Bargellini le ultime notizie di questo castello sono
dell'anno 1357 quando Giovanni e Mino, figli del fu Francesco Conti domandarono
al consiglio del popolo di Siena la fortezza di Sassoforte.
L. Grottanelli riporta a testimonianza dello stato sempre più miserabile del
caseggiato la deliberazione del 1° febbraio 1369 con la quale il canone di
seicento lire stabilito nel 1339 viene ridotto alla metà.
Non ebbe successo neanche il tentativo dei Salimbeni di trasformare Sassoforte
in un punto di appoggio per affermare il potere della loro famiglia. Se ne
impossessarono nel 1368 ma furono costretti, nel 1404 a restituirlo a Siena
insieme agli altri castelli.
Gli abitanti di Sassoforte ridotti in miseria, nel 1374 chiedono di essere
sussidiati ottenendo infatti una riduzione di dodici fiorini a moggio per
quattro anni sul prezzo del grano, nonchè il sale da Grosseto a venti soldi lo
staio.
Nel maggio 1438 il Castello veniva incorporato assieme a Sassofortino nel
contado senese, come scrive il Verdiani-Bandi (1926), dopo essere stato cassato
dall'elenco dei comunelli separati nel marzo dello stesso anno. Gli ultimi
documenti che ci potrebbero far ritenere abitato Sassoforte sono un elenco delle
tasse risalente al 1444 e una richiesta di permesso di pascolo da parte degli
uomini di Roccastrada nella corte di tale Castello dell'anno 1465.
Paperino- utente
-
Numero di messaggi : 36
Età : 36
Località : Roccatederighi
Barra di rispetto :
Data d'iscrizione : 18.10.08
Pagina 1 di 1
Permessi in questa sezione del forum:
Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.