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Messaggio Da Dino palla Lun Mag 03, 2010 8:02 pm

L’albero genealogico “rocchigiano” di Neva:



Gaspero Baldanza Bolognesi (morto alla Rocca nel 1769)ebbe 3 figli



- Matteo (1759-1809)

- Giovanni Maria (1757-1816)

- Maria Sonia (1751-1815)



* Dal ramo di Giovanni Maria si arriva alla mia famiglia, sempre vissuti in via del Piano

* Dal ramo di Matteo a quella di Riccardo e di Neva



Ma andiamo avanti:



Matteo Baldanza Bolognesi, coniugato con Maddalena Poccetti (1760-1818) ebbe 5 figli:



- Giacomino (1797-1851)

- I gemelli Teresa (1802-1871) & Pietro (1802-1809)

- Pietro Giovanni (1803-M.I.)

- Michele Angelo (1805-M.I)



Giacomino Baldanza, coniugato con Sabatina Mattioli, ebbe 7 figli:



- Matteo (1823-1897)

- Pietro (1825-M.I)

- Margherita (1830-?)

- Pietro Savino (1832-1917)

- Elisabetta (1834-?)

- Maria (1835-?)

- Giovanni Luigi (1837-1920)



* Dal ramo di Matteo derivano molti dei Baldanzi di Grosseto

* Dal ramo di Pietro Savina si va verso Neva, Diaz, Goffredo

* Dal ramo di Giovanni Luigi verso Riccardo



Ancora avanti verso Neva:



Pietro Savino Baldanza, coniugato con Rosalba Pecorini nel 1864, ebbe 10 figli:



- Giovanni detto Nanni (1866-1941)

- Giuseppe (1868-M.I.)

- Amedeo (1869-1943)

- Adriano I (1871-M.I.)

- Adriano II (1872-io la conosco ma metta Neva la data della scomparsa di suo nonno…)

- Armido (1874-?)

- Alberto I (1876-M.I.)

- Libertesia (1877-?)

- Alberto II detto Berto (1880-1948 – coniugata con Anna Baldanzi nel 1904)

- Soave (1882-1886)



Adriano Baldanzi detto “Il Bighellone” si sposò con Emilia Santoni nel 1896 ed ebbero 4 figli.

*Emilia, rimasta vedova ed – evidentemente – soddisfatta dal primo Baldanzi, si riaccompagnò con Serafino, a sua volta vedovo, leva 1879, zio del famoso Bixio Baldanzi.



- Ido (lascio datare a Neva)

- Ildo (lascio datare a Neva)

- Primo (1898-M.I.)

- Clara (1903-M.I.)



Ildo, coniugato con Marina Marini nel ……, ebbe tre figli



- Alda

- Neva

- Algo
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Messaggio Da Cecilia Lun Mag 03, 2010 10:17 pm

ALT!
Da Bixio Baldanzi.. come si arriva a LINDA BALDANZI?
La suddetta sposò appunto Vittorio Loggini, il fratello di mio nonno, proprio quello ke è nella foto ke ho postato sul sommergibile!
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Messaggio Da Riccardo Mar Mag 04, 2010 12:34 am

Oh Cecilia, va a finì che siamo pure parenti.
Con Neva ora è chiaro il legame. Il mio bisnonno Giacomo, figlio di Giovanni Luigi, e il tuo nonno Adriano erano cugini di primo grado o, se preferisci, il tuo bisnonno ed il mio trisavolo erano fratelli o anche che il tuo trisavolo, Giacomo, era il nonno del mio bisnonno il quale riprese il nome del nonno: Giacomo. Dall'enciclopedia di Dino Palla sui Baldanzi torna fuori tutto, compresi i circoli viziosi dei rimparentamenti, come la storia di Anna, sorella del mio nonno, che sposa Berto ritornando sull'altro ramo tuo.... Insomma un macello...a proposito, ma del macello abbiamo esaurito le informazioni?
La foto che hai postato poco sopra, Neva, è molto simpatica. Sono qua che cerco di capire dove sia questo luogo, ma non mi riesce. Si potrebbe indire un concorso del: chi lo scopre? La storia di tuo fratello invece è davvero triste, un bel giovane così... ha avuto la sfortuna di ammalarsi di una cosa che oggi sarebbe stato possibile curare.
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Messaggio Da neva2 Mar Mag 04, 2010 9:45 am

Una inaspettata e graditissima sorpresa!
Mai più avrei pensato di poter conoscere il nome e le parentele dei miei antenati rocchigiani.
Sei stato molto gentile e te ne ringrazio veramente.
Ora ho una curiosità: un hobby il tuo o un interesse collegato in qualche modo ad un partcolare lavoro o professione?
Lo studio e la sistemazione delle sequenze dei legami di parentela implicano uno spiccato interesse e propensione per la logica e dunque anche per la matematica e per questo ho pensato ad una tua particolare professione, ma non è proprio detto.



- Adriano I (1871-M.I.)

Che cosa significa questo M.I.?
Forse che Adriano I era già morto alla nascita di Adriano II?

Adriano II (1872-io la conosco ma metta Neva la data della scomparsa di suo nonno…)

E invece non la so; so solo che è morto in ospedale a Grosseto ( prima che io nascessi ( 1936 ? ).

Ildo, mio padre, nacque il 18 ottobre 1900 ed è morto il 7 dicembre del 1957

Primo (1898-M.I.)
Clara (1903-M.I.)


Non ho mai saputo di questi altri due figli di mia nonna Emilia

Ildo, coniugato con Marina Marini nel ……, ebbe tre figli

Nel 1922 ma non so né il mese né il giorno.
Tu sai anche questi?

Grazie ancora.

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Messaggio Da Dino palla Mar Mag 04, 2010 10:41 am

M.I. sta per morto infante. Nelle trascrizioni dei registri parrocchiali è scritto proprio così. Io credo che si usasse la triste formula M.I. quando il bimbo veniva alla luce già morto o moriva nelle prime settimane.
A proposito dei fratelli di tuo padre (di cui ignoravi la brevissima esistenza), pensa che anch'io ho scoperto, per caso, da questa ricerca, che mia nonna Iole Poli (coniugata con Giulio Baldanzi nel 1932) ebbe anche un altro figlio, oltre a mio padre (Franco) e mia zia (Franca). Anzi, diciamo che il nome del mio babbo era già stato scelto per due sfortunati pargoli prima di lui.
Nel 1932, infatti, mia nonna partorì un bimbo di nome Gianfranco Baldanzi. Morì nel primo mese di vita. Nel 1933 mia zia Sira Magnanelli (coniugata con Ivo "Suliva" Baldanzi - fratello di Giulio) dette alla luce un maschietto, anche lui registrato Franco Baldanzi e morto nel giro di qualche giorno. Nel 1934 (a maggio) venne fuori il Franco buono... Evidentemente non erano superstiziosi.

Nella mia ricerca - dove però non escludo piccoli errori, quello che io ho chiamato Adriano II mi risulta morto nel 1933. Le date esatte di mortori, nascite e matrimoni non le ho mai trascritte, purtroppo. Quando feci questa ricerca - solo per passione (18 anni fa) - pensai, sbagliando, che essendo spalmata su 4 secoli, le date esatte (con mese e giorno) non avevano senso. Bastava l'anno per indirizzare e svolgere l'albero. Cosa sai dirmi di Ido Baldanzi (diventato cieco, se non sbaglio). Quando ero picolo ho conosciuto le sue figlie, Edda e Bona. Me le ricordo bene.
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Messaggio Da Dino palla Mar Mag 04, 2010 10:51 am

Cecilia ha scritto:ALT!
Da Bixio Baldanzi.. come si arriva a LINDA BALDANZI?
La suddetta sposò appunto Vittorio Loggini, il fratello di mio nonno, proprio quello ke è nella foto ke ho postato sul sommergibile!


Linda Baldanzi, che sposò Vittorio Loggini, era figlia di Elia Baldanzi (leva 1873) e Florinda Ferrari. La coppia non aveva grande fantasia (come i miei nonni, del resto) e - l'altra figlia la chiamò... Landa.

Linda & Landa di Bixio Baldanzi erano cugine. I genitori, Leopoldo (di Bixio) e Elia Baldanzi (di Linda), erano fratelli. Loro padre si chiamava Giovanni Maria Baldanza (con la A finale), nome che ricorre ben 3 volte sul mio ramo familiare.

Volendo semplificare e azzardare arditev parentele di lungo periodo correggo sorridendo Riccardo e aggiungo che Bixio e Linda sono del mio ramo e quindi - se proprio Cecilia deve essere parente di qualcuno - la rivendico con orgoglio...;-))
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Messaggio Da Cecilia Mar Mag 04, 2010 1:31 pm

Grazie! Very Happy
A me però non è arrivato nulla di "baldanzoso", in quanto la Zia Linda era una zia acquistata.... io sono nipote di suo cognato!
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Messaggio Da Cecilia Mar Mag 04, 2010 2:31 pm

Una kicca di curiosità x Dino Palla e tutta la baldanza:
La figlia di Linda, quindi cugina di mia mamma, mi ha appena rivelato ke in un primo tempo i fratelli erano 3:
Landa, poi un maskio ke poi morì, e infine Linda.
Ma la particolarità era ke questi nomi, scelti dal padre anarkico convinto e per questo motivo anke allontanato dal paese, erano LIBERTA', CARO e IDEALE!!!
Ma vednnero poi successivamente cambiati in Landa, Linda ecc.. perkè ritenuti poco consoni! Smile

Mi viene in mente "Il Ciclone" di Pieraccioni e i suoi LEVANTE, LIBERO E SELVAGGIA.. Very Happy
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Messaggio Da neva2 Mar Mag 04, 2010 3:50 pm

[quote="Cecilia"]Una kicca di curiosità x Dino Palla e tutta la baldanza:
La figlia di Linda, quindi cugina di mia mamma, mi ha appena rivelato ke in un primo tempo i fratelli erano 3:
Landa, poi un maskio ke poi morì, e infine Linda.
Ma la particolarità era ke questi nomi, scelti dal padre anarkico convinto e per questo motivo anke allontanato dal paese, erano LIBERTA', CARO e IDEALE!!!
Ma vednnero poi successivamente cambiati in Landa, Linda ecc.. perkè ritenuti poco consoni! Smile

---------------------------------------------------------------------------

Anche quando mio padre andò a Rooccastrada per la registrazione della mia nascita all'anagrafe (1936!) e disse che mi avevano chiamata Neva, l'ufficiale addetto gli chiese con fare abbastanza burbero e intimidatorio:
- Ma lo sai sì o no che questo è il nome di un fiume della Russia che passa da Pietroburgo e che dunque questo nome tu non glielo puoi mettere!? -
- No- gli rispose il mio babbo - non lo sapevo e ora che lo so glielo voglio mettere lo stesso!-
- Ma avrai delle noie, lo sai, sì! -
- Lei intanto scriva che l'ho chiamata Neva che alle noie ci penserò se e quando verranno!.
Probabilmente l'Ufficiale dell'anagrafe ci aveva messo parecchio del suo ardore politico perché noie non ce ne furono mai.

Ad Arcidosso vidi diverso tempo fa un annuncio mortuario in cui la defunta si chiamava
Folla Plaudente e mi fu spiegato che il padre, un fans di Mussolini e
un appassionato ascoltatore alla radio dei suoi discorsi in Piazza
Venezia. probabilmente travolto dall'entusiasmo dello speaker che ad ogni applauso
della folla gridava emozionato: - La folla plaudente in delirio......-,
aveva addirittura personalizzato, nella figlia, questo momento per lui travolgente chiamandola appunto Folla Plaudente.

Potenza delle fedi, anche politiche!


Ultima modifica di neva2 il Mar Mag 04, 2010 6:44 pm - modificato 1 volta.

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Messaggio Da neva2 Mar Mag 04, 2010 5:05 pm

Dino palla ha scritto:

Nella mia ricerca - dove però non escludo piccoli errori, quello che io ho chiamato Adriano II mi risulta morto nel 1933. Le date esatte di mortori, nascite e matrimoni non le ho mai trascritte, purtroppo. Quando feci questa ricerca - solo per passione (18 anni fa) - pensai, sbagliando, che essendo spalmata su 4 secoli, le date esatte (con mese e giorno) non avevano senso. Bastava l'anno per indirizzare e svolgere l'albero. Cosa sai dirmi di Ido Baldanzi (diventato cieco, se non sbaglio). Quando ero picolo ho conosciuto le sue figlie, Edda e Bona. Me le ricordo bene.

Sì, collegando alcune cose, 1933 pò essere.

Mio zio Ido morì a Viareggio ove la famiglia si era trasferita qualche anno dopo la disgrazia che lo rese cieco per l' esplosione di una mina nel suo poderetto delle Volpaie.
Un tragico intreccio di fatalità e di irresponsabilità: mio zio voleva scavare un pozzo alle Volpaie, terreno difficile perchè molto roccioso e usò delle mine residuate dal passaggio nel paese dell'esercito tedesco in fuga verso nord.
Quando il pozzo era già ad una certa profondità una mina che aveva ancora posizionato sul fondo non esplose quando ormai la miccia sembrava spenta e mio zio, troppo irresponsabilmente, ma è facile dirlo dopo, scese nel pozzo per riaccenderla e fu preso in pieno dall'esplosione.
A quell'epoca, per motivi di rivalità nello stesso tipo di commercio, i rapporti tra mio padre e mio zio erano pessimi, senza alcuna frequentazione ma qualcuno pensò di chiamare in aiuto mio padre che subito accorse e siccome nessuno voleva avventurarsi nel pozzo per tirarlo fuori fu lui, e non senza rischio perché nessuno, nella confusione, sapeva dire quante mine fossero state messe nel pozzo e quante ne fossero esplose, a scendervi e a imbracarlo con delle corde per consentire di portarlo in superficie e poi, il più velocemente possibile, all' ospedare militare da campo che gli Americani avevano allora allestito sulla Dritta.
Salvò la vita, ma perse del tutto la vista.

Delle mie cugine, tutte e due maestre elementari, Edda, sposata con un ingegnere di Trento che lavorava alla miniera di Gavorrano, ha avuto tre figli, due maschi gemelli e una femmina, ed è morta a Lido di Camaiore dove ha poi vissuto dopo Gavorrano e dove è morta qualche anno fa.
Bona, sposata con Duilio Ferti, morto lo scorso anno a 90 anni, vive ancora a Lucca; il primogenito, Massimo è morto giovanissimo mentre giocava a calcio; Francesca, di diversi anni più giovane del fratello, è sposata, ha un bambino e vive anche lei a Lucca.

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Messaggio Da Dino palla Mar Mag 04, 2010 8:19 pm

Sì, questo racconto, seppure meno dettagliato e personalizzato, l'avevo già ascoltato, tramandato da mio nonno a mio padre, da mio padre a me. Rileggerlo oggi, qui, dalla tua "voce", è però tutta un'altra cosa. La drammaticità delle conseguenze, gli equilibri familiari (non secondari), la rendono una piccola pagina di storia del nostro paese, che ti ringrazio di aver reso pubblica. Peraltro, a quasi 70 anni di distanza dai fatti, hai licenza di rivelare anche i particolari più curiosi e scomodi. Ti devo un'informazione: io sono Gabriele, il figlio di Franco (che è qui accanto a me e ti saluta). Ovviamente Baldanzi.
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Messaggio Da Riccardo Mer Mag 05, 2010 2:19 am

Quoto tutto quello che ha detto Dino, pensavo esattamente la stessa cosa. Era una storia questa che avevo risentito narrare in famiglia, ma non l'avevo mai inquadrata come ora con il racconto di Neva e la panoramica genealogica. Con queste pagine sta rivivendo tassello dopo tassello la nostra storia.
Le cose che sono state scritte oggi sono tante e interessantissime, meritano alcuni approfondimenti.
Partiamo in ordine.
Elia Baldanzi è un personaggio noto alle cronache. Su “La Martinella” (giornale socialista locale) del 23 febbraio 1896 troviamo Elia tra gli imputati al processo che si tenne presso la Pretura di Roccastrada il 25 gennaio stesso anno (stante la data di nascita fornita da Dino, doveva avere 23 anni). Erano 10 gli imputati in quel processo tutti rocchigiani tra cui Pietro Ravagli accusato di istigazione a delinquere, mentre tutti gli altri accusati di eccitamento all'odio per aver cantato l'inno dei lavoratori. Elia si fece 54 giorni di carcere e poi assolto per inesistenza di reato. Riletti questi aspetti mi sembra si capisca meglio il senso dei nomi che volevano dare ai figlioli.
Una curiosità sempre tratta dal giornale ci dice che tra i testi di accusa figurò anche un Vittorio Loggini, che ovviamente non poteva essere il genero, ma probabilmente era un nonno o uno zio di questi, stante l'abitudine di ripetere i nomi degli avi. Insieme a Vittorio come testi d'accusa risultano anche Gemisto e Stefano Loggini.
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Messaggio Da neva2 Mer Mag 05, 2010 12:13 pm

Dino palla ha scritto:Sì, questo racconto, seppure meno dettagliato e personalizzato, l'avevo già ascoltato, tramandato da mio nonno a mio padre, da mio padre a me. Rileggerlo oggi, qui, dalla tua "voce", è però tutta un'altra cosa. La drammaticità delle conseguenze, gli equilibri familiari (non secondari), la rendono una piccola pagina di storia del nostro paese, che ti ringrazio di aver reso pubblica. Peraltro, a quasi 70 anni di distanza dai fatti, hai licenza di rivelare anche i particolari più curiosi e scomodi. Ti devo un'informazione: io sono Gabriele, il figlio di Franco (che è qui accanto a me e ti saluta). Ovviamente Baldanzi.

Ciao, Gabriele, è vero, le vicende di una vita, dopo 70 anni, sono ormai abbastanza decantate da poterle considerare "storia" e dunque da poterne parlare più facilmente; immaginavo che tra le diverse "saghe" di famiglie rocchigiane, questa di mio padre e di mio zio, che, come poi mi veniva raccontato in casa, ebbe momenti abbastanza forti e difficili, sia stata una delle più ricordate; dico sia stata perché ormai saremo di certo gli ultimi a parlarne.

Allora anche tu sei un Baldanzi? Questo spiega, ma solo in parte, 'interesse per ricerca delle origini genealogiche.
Ricordo che quando andavo a veglia da Serafino per farmi raccontare le sue storie e recitare le sue lunghe poesie ( ricordo soprattutto "BREUS" del Pascoli ), appeso al muro del salottino c'era un quadro con una pergamena ingiallita su cui, dopo il disegno di un grande elmo nero ornato di lunghe piume rosse, blu e gialle, era scritta la storia, in bei caratteri antichi, che Serafino mi insegnava pazientemente a leggere, di questo cognome e ricordo anche che la storiia parlava di un nobile Cavaliere bolognese che si era dimostrato talmente coraggioso in battaglia da essere chiamato Baldanzo e che poi, il suo Signore, per riconoscenza, gli aveva formalmente consentito di portare questo cognome "per sé e per tutti i suoi discendenti".
So che quando mia nonna morì il quadro lo volle mio zio, ma non so se poi sia stato conservato: la foto dei nonni che è stata abbandonata nella sua casa alla Rocca e che Riccardo ha fotografato per caso, me ne farebbe dubitare.

Ringrazia Franco per i suoi saluti che volentieri ricambio.

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Messaggio Da Dino palla Sab Mag 08, 2010 3:32 pm

Serafino Baldanzi mi hanno detto stamattina che aveva un soprannome insolito, lo chiamavano il Barazzoli, mentre Elia Baldanzi era per tutti "Il Mocenni". Neva, ti risulta???
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Messaggio Da neva2 Sab Mag 08, 2010 5:23 pm

Dino palla ha scritto:Serafino Baldanzi mi hanno detto stamattina che aveva un soprannome insolito, lo chiamavano il Barazzoli, mentre Elia Baldanzi era per tutti "Il Mocenni". Neva, ti risulta???

No, non savevo di questi soprannomi; figurati che non avevo mai sentito neppure quello di mio nonno Adriano! Forse perché in una famiglia di lavoratori come sono stati mia madre e mio padre, sarà suonato piuttosto stonato o forse perché, per molte vicissititudini, in casa si è sempre parlato pochissimo dei miei nonni paterni e nel periodo che io, negli anni della scuola elementare, cominciai per conto mio a frequentare la casa di mia nonna Emilia, c'era già Serafino e di nonno Adriano non sentii mai parlare.
Nel 49, poi, lasciammo la Rocca e ci trasferimmo altrove.

Ma chi racconta ancora di Serafino e di Elia Baldanzi? o sono notizie che trovi in qualche pubblicazione?

A proposito di socialisti, anarchici ecc.: tu sai perché e da chi alla Rocca fu eretto un monumento a Francisco Ferrer?
Ricordo che quando al Tufolino frequentavo le prime classi della scuola elementare con la maestra Pia Tolini, il busto di Ferrer era stato tolto dal piedistallo e portato in uno sgabuzzino della nostra aula in cui noi mettevamo berretti, scialli e cappotti ( chi ce l'aveva! ) e, per fargli dispetto, perché la maestra ce ne parlava come di un pericoloso nemico dell'Italia, glieli gettavamo sempre addosso in malo modo e qualcuno gli diceva anche delle parolacce e perfino gli sputava nel viso.
E' stato poi rimesso sul suo piedistallo o no?

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Messaggio Da Riccardo Sab Mag 15, 2010 9:13 pm



Gli impegni di questa settimana, tra i quali anche l'allargamento dell'ormai noto corridoio stretto e lungo di Serafino, mi hanno distolto dal forum. Torno ben contento di trovare un argomento interessante da sviluppare.

Qualcosa lo si trova in questa biografia di Antonio Gamberi http://www.bfs.it/Gamberi/Gamberi.pdf scritta da Franco Bertolucci. Ce ne stiamo occupando per “900 anni alla Rocca”, contiamo di portare questo autore a Roccatederighi per una conferenza Lo abbiamo contattato e sembra sia possibile. Affronteremo i temi di quel periodo (fine ottocento primi del novecento) con la nascita dei movimenti anarchici a Roccatederighi.

A pag 8 del documento citato si trova un riferimento al monumento a Ferrer.
Ne riporto un estratto:

<<A Roccatederighi all’inizio del 1914 un comitato popolare decide, sotto lo stimolo del locale gruppo anarchico, di indire una pubblica sottoscrizione per raccogliere i soldi necessari per erigere un monumento a ricordo di Ferrer 79.
Nonostante le prevedibili difficoltà, il monumento, realizzato dallo scultore grossetano Ivo Pacini, viene inaugurato con solenne commemorazione il 14 settembre 1914. Interessante è ricostruire le vicende di questo cippo marmoreo e della sua “fortuna”, testimonianza dell’attaccamento dei roccatederighini alla figura del “martire catalano”, allorché i fascisti nei primi anni Venti tentarono più volte di distruggerlo. Mani “anonime” salvarono i resti del busto e lo conservarono per circa vent’anni nello scantinato della scuola elementare, fino a quando, dopo la caduta del regime, esso riapparve miracolosamente e con un’altra solenne cerimonia venne ricollocato di fronte alla vecchia porta medievale della rocca castellana 80, dove è tutt’ora>>
Le note 79 e 80, che troviamo qui, http://www.bfs.it/Gamberi/gamberipaginanote.pdf forniscono qualche elemento in più:
79. Cfr. «L’Avvenire anarchico», 6 ago. 1914. Il comunicato del comitato “pro monumento a Ferrer” è firmato da Collatino Dinucci. I due principali protagonisti della ricollocazione del monumento nel 1948 sono gli anarchici Bernardo Mastioni (n. a Sinalunga in prov. di Siena l’8 dicembre 1891) ed Ermanno Neri (n. a Sassofortino in prov. di Grosseto il 21 giugno 1898).
Due figure estremamente significative del panorama del sovversivismo locale. Entrambi minatori e attivi politicamente dagli anni del Primo conflitto mondiale, dopo l’ascesa del fascismo emigrano in Francia dove continuano la loro attività politica.
Neri combatterà in Spagna e sarà successivamente inviato al confino per 5 anni. Per queste e altre informazioni cfr. le schede biografiche curate F. Bucci, G. Ciao Pointer e M. Lenzerini in dbai, cit., vol. 2, pp. 126 e 244.

80. Alla cerimonia della ricollocazione del busto dedicato a Ferrer partecipa come oratore Riccardo Sacconi, militante della vecchia guardia, molto conosciuto in tutta la Maremma pisana e grossetana per aver guidato per tanti anni la cdl di Piombino. Per le notizie sulla nuova inaugurazione del monumento a Ferrer a Roccatederighi cfr. i numeri di «Umanitànova», del 28-29 ago., 5 set. e 19 set. 1948. Il gruppo anarchico locale promotore dell’iniziativa si era ricostituito all’inizio dell’anno, come riportato sempre dal settimanale libertario «Umanità nova» il 22 feb. 1948. Ugo Burgini è il presentatore della nuova bandiera del gruppo.



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Messaggio Da Riccardo Sab Mag 15, 2010 9:32 pm

Mi piacerebbe approfondire meglio questo episodio del busto conservato nella scuola che è confermato anche nello scritto citato. Sai dire, Neva, in quali anni avveniva quello che hai raccontato? Sarebbe interessante confrontare i tuoi ricordi con quello che afferma il racconto scritto, perché c'è qualcosa che non mi quadra in questo racconto di Bertolucci. Cioè militanti di un regime abbattono un monumento, poi però degli antifascisti lo avrebbero recuperato e addirittura nascosto dentro la scuola, che evidentemente era sotto il controllo del regime, senza che nessuno se ne fosse accorto. In seguito alla caduta del regime sarebbe riapparso “miracolosamente”, ma, come ricordi limpidamente tu, sbeffeggiato e sputacchiato per ritornare infine sul piedistallo nel 1948. Cerchiamo di ricostruire qualche altro particolare di questa vicenda.
Soprattutto vorrei capire se il busto era usato come cappelliera prima o dopo la caduta del regime.
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Messaggio Da neva2 Dom Mag 16, 2010 10:57 am

Riccardo ha scritto:
Mi piacerebbe approfondire meglio questo episodio del busto conservato nella scuola che è confermato anche nello scritto citato. Sai dire, Neva, in quali anni avveniva quello che hai raccontato? Sarebbe interessante confrontare i tuoi ricordi con quello che afferma il racconto scritto, perché c'è qualcosa che non mi quadra in questo racconto di Bertolucci. Cioè militanti di un regime abbattono un monumento, poi però degli antifascisti lo avrebbero recuperato e addirittura nascosto dentro la scuola, che evidentemente era sotto il controllo del regime, senza che nessuno se ne fosse accorto. In seguito alla caduta del regime sarebbe riapparso “miracolosamente”, ma, come ricordi limpidamente tu, sbeffeggiato e sputacchiato per ritornare infine sul piedistallo nel 1948. Cerchiamo di ricostruire qualche altro particolare di questa vicenda.
Soprattutto vorrei capire se il busto era usato come cappelliera prima o dopo la caduta del regime.

Intanto, gli anni in cui, di sicuro, il busto di Ferrer fu nello sgabuzzino delle scuole sopra il Tufolino ( non ricordo il nome del vicolo che scendeva dopo la casa di mia nonna e del maestro Ugoletti fino alla scuola) e che ci fosse e fosse proprio lui non ho alcun dubbio perché anche Serafino lo
sapeva e mi raccontava ogni tanto qualcosa di questo personaggio:
dunque, io sono nata nel 1936 perciò a ottobre del "42 sono andata nella vecchia scuola in prima e sempre lì sono rimasta fino alla quinta, nel "47; ma le prime 3 classi, erano pluriclassi, le ho fatte con la maestra Tolini nell'aula in cui si entrava direttamente dal vicolo e le ultime 2 con il maestro Ugoletti nell'aula al piano superiore che si raggiungeva con una scalaletta esterna.
In tutte e due queste aule c'era un identico ripostiglio e potrei far confusione tra quello a piano terra e quello al primo piano e quindi anche per Ferrer ma, collegando alcuni ricordi con le date degli avvenimenti di quegli anni, propenderei per lo stanzino a piano terra perché, dopo aver "salutato" Ferrer nel modo che ho detto ed essere andati al nostro banco e dopo che la maestra ci aveva ordinato l' "Attenti!", dovevamo fare per tre volte, insieme a lei, il saluto fasclsta e gridare "Eia,eia,alalà" ogni volta che, anche lei in piedi e sull'attenti alla cattedra, aveva gridato "Viva il Duce! Viva il Re!".
Solo dopo, la preghiera.
Questo collegamento tra le parolacce a Ferrer e il saluto fascista lo ricordo bene e penso che dimostri che le parolacce avvenivano prima della "Caduta" perché la guerra terminò nel "44 e, anche se non tutti i fascisti se ne resero subito conto, mi sembrerebbe strano che quando io passai al primo piano, nel "45, il maestro Ugoletti potesse farci ancora recitare questa divertente pantomima.
Tu cosa ne pensi.
Anche io mi sono chiesta come quel busto, un volta tolto dai fascisti dal piedistallo non fosse stato anche distrutto e quel suo nascondimento nello sgabuzzino è veramente un piccolo mistero che forse resterà sempre tale.
Per trovare una spiegazione ho anche pensato che non i fascisti lo avessero rimosso e nascosto nelle scuole, ma, prevedendone la distruzione certa, lo avessero rimosso, nel tentativo di metterlo in salvo, quelli del gruppo di Pietro Ravagli e di Serafino e, non potendolo nascondere presso di sé perché troppo rischioso, lo avessero riparato dentro quello stanzino dove forse si salvò perché utile alla "educazione" fascista degli scolari o forse anche perchè troppo pesante da trasportare altrove.
Così è tornato fin dal "48 al suo posto! Di certo lo avevo visto quando sono tornata alla Rocca ma, di recente, leggendo su VIKIPEDIA una scheda sulla vita di Francisco Ferrer e sui monumenti che gli vennero dedicati in giro per l'Italia, ho voluto segnalare anche quello di "Roccatederighi in Provincia di Grosseto", subito dopo però, mi era venuto il dubbio che non fosse stato invece rimesso al suo posto e di aver sparso nella Rete una notizia sbagliata.
Spero di esserti stata utile per questa tua ricostruzione di certi avvenimenti nel tempo..

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Messaggio Da Riccardo Gio Mag 20, 2010 1:13 pm

I tuoi ricordi sono molto preziosi, Neva. Inoltre tu sei testimone del periodo a cavallo tra il regime fascista e la sua caduta, quindi oltre al nostro tema avviato sul monumento a Ferrer, il tuo contributo mi fa intravedere tutta una serie di approfondimenti che man mano tratteremo. Intanto possiamo contestualizzare l'argomento con qualche foto.

Ecco la vecchia scuola.

La via sotto l'arco è via di mezzo. A lato si vedono le scalette che salivano al primo piano della scuola mediante il corridoio sopra l'arco.
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Messaggio Da Riccardo Gio Mag 20, 2010 2:13 pm

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Messaggio Da Riccardo Gio Mag 20, 2010 3:47 pm

Sembra evidente che il “saluto” a Ferrer nello sgabuzzino della scuola fosse in vigore almeno nel '42 cioè prima della caduta del fascismo (intendendo la caduta a Luglio del '43), visto che a questo particolare saluto seguiva tutta la pantomima del viva il duce, viva il re ... alelè. Immagino che alla ripresa della scuola nell'ottobre del '43 (la Rocca è comunque sotto il controllo della RSI e vi rimarrà fino al giugno '44), questa tiritera non fosse più praticata perché, a luglio c'era stato l'arresto di Mussolini su ordine del re stesso e l'8 settembre il re fuggito dai tedeschi era corso al riparo degli alleati. Quindi mi suonerebbe strano che nella scuola si continuasse a inneggiare al duce ed al re in contemporanea, mi viene da pensare che se ancora si inneggiasse lo si facesse nei confronti del primo e non del secondo. Tuttavia sarebbe interessante sapere come cambiò, se cambiò, la simpatica scenetta del buongiorno scolastico.
Quindi sembra accertato che durante il regime il busto venisse usato in termini propagandistici all'interno dell'istituto scolastico.
Ho l'impressione che non fu casuale il trasferimento del busto nella scuola, ma che fu pianificato secondo una precisa strategia politica dalle direzioni fasciste locali.
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Messaggio Da Riccardo Gio Mag 20, 2010 4:10 pm

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Messaggio Da Riccardo Gio Mag 20, 2010 5:40 pm

A Roccastrada nel '21 per una bandiera ne era scaturita una strage. Forse alla Rocca per rimuovere simboli scomodi fu scelta un'altra via. Del resto il busto non fu rimosso subito nel '22 con la presa del potere a livello nazionale, ma nel '24, il che fa pensare ad una transizione graduale, che probabilmente doveva essere cauta e tenere conto di un opposizione ancora forte e compatta a Roccatederighi rappresentata da una storica, attiva e solida compagine socialista e in quegli anni ormai anche comunista il cui pensiero era fortemente radicato nella popolazione rocchigiana.
La Camera del Lavoro a Roccatederighi fu istituita solo il 21 ottobre 1921, una cronaca su l'Ombrone, giornale all'epoca di parte fascista, ci dice che i fascisti a Roccatederighi erano pochi e per la cerimonia di istituzione della Camera del Lavoro servì la presenza di altri provenienti da Roccastrada.
La sezione del Partito Nazionale Fascista (PNF) fu costituita il 16 aprile del 1922, quindi abbastanza tardi rispetto al circondario.
Ci furono di lì in poi vari appuntamenti a carattere patriottico che testimoniano la strategia, cioè quella dell'indottrinamento “dolce” per un graduale attecchimento che sembrerebbe non voler manifestare l'atteggiamento violento e repressivo esercitato l'anno precedente a Roccastrada con tanta brutalità.
In questa chiave leggo il significato delle cerimonie come quella del 20 settembre 1922, ricorrenza della breccia di Porta Pia (all'epoca questo giorno era festivo), un'occasione di indottrinamento al fascismo mediante la leva dell'orgoglio nazionale e patriottico dando forza e significato più ampio ad una celebrazione che risultava in disuso da almeno 10 anni. Il Partito fascista locale, la riprende e la sfrutta per attecchire in mezzo ad una popolazione poco incline al fascio. Così viene organizzata una festa in Piazza Garibaldi utilizzando un vettore popolare, la Banda. La Banda della Rocca non va considerata solo come l'orchestrina di paese, ma era un espressione schiettamente popolare con forti implicazioni politiche. Nata probabilmente in ambito repubblicano (che voleva dire società operaia, reduci garibaldini), rappresentava un ottimo strumento politico. Quindi per emarginare i personaggi e le idee socialiste in paese si attira la gente sui sentimenti ancora vivi di ideale risorgimentale dei quali il fascio si propone come erede in antitesi all'internazionale.
Queste riflessioni scaturiscono dall'analisi di alcune cronache dell'epoca che questa nostra discussione mi ha stimolato a prendere in mano.
Riporto uno stralcio della cronaca di questa giornata tratta da l'Ombrone del 24 settembre 1922, dal quale a mio avviso questa operazione di propaganda emerge in maniera chiara.
La giornata che segnò 52 anni ( Porta Pia 1870, nota mia) or sono la ricongiunzione di Roma immortale alla patria nostra, non lasciò indifferente questa nostra popolazione laboriosa e tranquilla che da oltre dieci anni non vedeva più nessun riconoscimento esteriore di quelle date storiche che rappresentano i punti salienti della nostra epopea nazionale.
A cura della locale sezione del P.N.F., fu affisso un breve manifesto ricordante il significato della festa ed invitando la popolazione ad esporre il tricolore. Alla sera poi il Corpo Filarmonico, diretto dal maestro Loggini Raffaello (Cecilia aggiungi qualcosa te -ri nota mia-), eseguì in Piazza Garibaldi un servizio musicale inframezzato da inni patriottici che suscitarono vivo entusiasmo nella popolazione, la quale, quasi al completo, si era riversata nella piazza ad ascoltare quegli inni che il nostro buon Ravagli, gran sacerdote rosso ed ex consigliere provinciale, ritornato come una volta falegname, si era illuso di non sentire più nel nostro paese quando vaticinava in una bettola o in un comizio il tracollo delle istituzioni attuali e l'avvento del socialismo a breve scadenza”.

Questo contesto secondo me farebbe pensare che:


  • il busto di Ferrer sia stato rimosso solo al termine della fase di attecchimento del fascismo a Roccatederighi, che quindi potrebbe aver avuto un iter di impianto lungo due anni (1922-'24)
  • il busto non sia stato preservato da antifascisti, ma dagli stessi fascisti che, per non rischiare di farlo diventare ancor più martire, non abbiano osato distruggerlo, trovando anzi utile conservarlo per indottrinare la popolazione a partire dai cittadini più piccoli. Quindi la scuola elementare come collocazione ideale, ovviamente non su un piedistallo, ma nel ripostiglio delle scope e ad uso attaccapanni.

Ringrazio Neva per aver messo in comune questo suo ricordo che ha aperto scenari diversi da quelli comunemente e sbrigativamente immaginati anche perché prodotti da esigenze di retorica e di mito che emergono, come si vede, ogni volta che c'è un cambiamento politico da qualunque parte esso sia. Un piccolo ricordo che rappresenta un grande contributo nel lavoro di ricerca storica del nostro paese. Personalmente ti ringrazio per questo racconto ricco di dettagli che ho pesato uno ad uno. Questo mi ha dato la spinta per andarmi a leggere vari testi e documenti con un occhio critico particolare, dandomi la possibilità di riflettere su aspetti ai quali diversamente non avrei fatto caso.

Mi auguro che molti altri ricordi giungano sul nostro forum, ogni sassolino a qualsiasi livello di conoscenza anche piccolo ed apparentemente insignificante può generare, in un concetto di lavoro in comune, tanti riflessi capaci di illuminare il quadro.
Forza ragazzi, 900 anni di storia alla Rocca da scoprire e da raccontare sono tanti, c'è lavoro per tutti.
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Messaggio Da neva2 Lun Mag 24, 2010 11:07 am

Prima di tutto, grazie, Riccardo per questa inaspettata foto della mia scuola: un vero tuffo in uno dei miei più lontani, ma ancora intensi e vivi, amarcord.
Garcia Marquez dice che "la vita non è quella che si è vissuta ma quella che si ricorda e come si ricorda per raccontarla"; sono ancora un po' in dubbio se dargli ragione o no ma, comunque sia, quando certi ricordi mi si riaffacciano particolarmente vivi e forti, la mia sensazione è che la innegabile e necessaria diacronia passato/presente si annulli per qualche istante e che, comunque, quello che sento sia stata e sia certamente un pezzetto della mia vita.
Quella di Ferrer sotto la neve e sullo sfondo del panorama rocchigiano è veramente una bella foto e mi piacerebbe vederla postata sulla voce di wikipedia che racconta di questo socialista filantropo, ma non so se è possibile.
Fa piacere pensare che fin dal "48 sia stata rimessa al suo posto dal "popolo di Roccatederighi" e la speranza e l'augurio per i giovani è che ci rimanga.
Mi sbaglio o nel busto ci sono tracce di fucilate?
Mi sembra che l'ipotesi che fai sul nascondimento del busto nello sgabuzzino della scuola sia molto plausibile e indicativa di un fascismo abbastanza tiepido alla Rocca: ricordo che qualche volta, già a notte tarda, vegliando nella mia cucina che affacciava sulla piazza, mio padre, sentendo un rumore di motori, dicesse: - Ecco, stanotte ci risiamo!- e poco dopo si sentiva sulla piazza un certo tramestio e voci piuttosto forti e poi qualcuno che gridava dalla Ventosa: - Picchiano e purgano Serafino, questi mascalzoni! - diceva mio padre richiudendo la finestra.
Non so se a queste squadracce si unisse anche qualche rocchigiano, ma certamente i capi e i più fanatici venivano da qualche altro paese.

Mio padre mi raccontava che aveva dovuto per forza iscriversi al Partito fascista per non farsi togliere la licenza della macelleria, ma anche la mancanza di serie conseguenze, richiami a parte, del suo continuo defilarsi con qualche scusa, la più frequente era quella di dover portare qualcuno a Siena o a Grosseto ( faceva anche il noleggiatore con la Balilla ), dai raduni in divisa, fa pensare a questo attecchimento graduale del fascismo alla Rocca e comunque ad una aggressività attenuata dalla lunga tradizione libertaria dei rocchigiani di cui tu parli.

Anche mia madre, con una scusa o con l'altra e con mio grande dispiacere, non volle mai mandarmi con la divisa delle Piccole Italiane a fare ginnastica, il "sabato fascista", ai castagni della Fontona con le altre bambine del paese: - Per farti fare ginnastica non ci vuole nessuna divisa! - Rispondeva decisa alle mie richiieste e rimostranze.
Con mia grande invidia, partivano di Piazza, inquadrate due a due, con la divisa regolamentare (gonnellina nera a pieghe, camicetta bianca con cravattina nera e scarpe da ginnastica bianche ) e cercando di tenere il passo scandito dalle accompagnatrici, le due o tre più belle ragazze del paese ( ricordo Giovanna e forse Sonia ), andavano nei castagni della Fontona dove, proprio dalla parte dei lavatoi, c' era una spianatella che consentiva al gruppetto di fare degli esercizi di ginnastica libera.
Me ne ricordo così bene perché anch'io ci andavo e le guardavo invidiosa, in disparte e non vista molto di buon occhio perché senza quella divisa che mi piaceva tanto e che, sempre mi ricordavano le acompagnatrici, obbligatoria, ero, forse, un cattivo esempio di disubbidienza.

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Messaggio Da Riccardo Gio Giu 03, 2010 1:39 am

Tanti sono gli spunti per delle riflessioni, con altri dettagli che si aggiungono al mosaico. Sarebbe interessante reperire maggior documentazione sul periodo di passaggio al fascismo, non avendone attualmente molta vorrei riferirmi ancora all'articolo che avevo inserito nel precedente post tratto da l'Ombrone del 24 settembre 1922 per un ulteriore sottolineatura. In questo articolo i rocchigiani vengono definiti “questa nostra popolazione laboriosa e tranquilla”. Popolazione però che solo sette anni prima tanto tranquilla non si era dimostrata. Il 19 maggio 1915 alla Rocca ci fu una grande rivolta antiinterventista quindi a soli 5 giorni dall'entrata dell'Italia nel conflitto mondiale. Una rivolta, che comportò anche lo scontro con i carabinieri, istigata da socialisti e anarchici, ma che ebbe un coinvolgimento generale della popolazione, al punto da scomodare addirittura il Ministero dell'Interno. Il giorno 20 la Rocca era sotto assedio militare e furono compiuti numerosi arresti. Questo fatto a mio avviso testimonierebbe come fosse forte l'attivismo socialista e anarchico e anche come questa attività risultasse incisiva sulla popolazione.
Mi sembra quindi che l'articolo del '22 voglia imbonire la popolazione e ingraziarla al partito fascista distinguendola e giudicandola separatamente dagli esponenti socialisti e anarchici irrisi e messi a tacere. Così, mentre il partito fascista corteggia il popolo per prepararlo in maniera più o meno convinta alla trasformazione fascista, dall'altro lato scatena una violenta aggressione verso i singoli esponenti politici antifascisti e tutti i loro simpatizzanti o presunti tali. Credo che debba essere riferito a questo anno 1922 l'inizio delle prevaricazioni che costringeranno molti all'esodo verso la Francia ed il Belgio soprattutto. Emblematico è il caso della migrazione verso il centro minerario di Auboué dove sembra formarsi una vera e propria comunità di rocchigiani sfuggiti alle persecuzioni fasciste. Molti di questi risultano schedati nel Casellario Politico Centrale (CPC) del Ministero dell'Interno, operativo fino al 1943. Si potrebbe avviare una piccola ricerca per verificare quando in effetti cominciò questo esodo e quali collegamenti ci potrebbero essere con il processo di fascistizzazione del nostro territorio. Materiale penso che se ne trovi, a cominciare dall'archivio comunale dello stato civile che fortunatamente non è andato distrutto come il resto dell'archivio comunale durante la guerra. Poi sarebbe interessante anche consultare le migliaia di schedature dello stesso CPC. Se qualche appassionato volenteroso fosse interessato alla ricerca ci potremmo organizzare.

Per rispondere a Neva sul monumento di Ferrer, va escluso che sul busto ci siano tracce di fori da pallottola, forse te lo hanno fatto pensare quelle macchie nere che appaiono dalla foto, le quali però sono solo formazioni vegetali sulla superficie del marmo dovute al naturale invecchiamento.


Vorrei farti altre domande sulla scuola, Neva, ma per il momento mi fermo qua e le riprenderemo più avanti.
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